Ambiente fa rima con Economia

30 12 2008

Perché sostenere un tipo di produzione eco-sostenibile? Climatologi, scienziati e ambientalisti hanno cominciato da tempo ad esporre le loro ragioni, evocando la necessità di un cambiamento nei modi di vita e nei sistemi produttivi per evitare conseguenze climatiche catastrofiche. Queste previsioni hanno lo stesso tono e gli stessi agghiaccianti pronostici da molto, molto tempo, ma sembrano riscuotere poco successo, sul piano concreto. Forse perché l’uomo non è programmato per vivere immaginando la catastrofe imminente, forse perché le leve dei cambiamenti hanno altri nomi, che, magari, fanno rima con Economia.
E infatti anche qualche economista si è posto la domanda del perché produrre eco-sostenibile. E le risposte sono molto interessanti, perché dimostrano che sviluppo economico e sviluppo sostenibile possono crescere contemporaneamente nella stessa direzione. Soprattutto per quanto riguarda i posti di lavoro e il rilancio di alcuni settori dell’economia che più stanno patendo le recenti vicissitudini economico-finanziarie.
Un recente studio condotto da un gruppo di ricerca della Duke University, per l’Environmental Defense Fund, l’Industrial Union Council e altri partner istituzionali di tutto rispetto, ha riportato come molti comparti manifatturieri americani potrebbero beneficiare grandemente da una produzione di tipo sostenibile. Utilizzando la metodologia delle Global Value Chain, i ricercatori hanno analizzato approfonditamente alcune tra le tecnologie che possono ridurre le emissioni aumentando considerevolmente i posti di lavoro, lo stesso obiettivo che si è posto Obama in campagna elettorale. I ricercatori di Duke si sono focalizzati su tecnologie come l’illuminazione a LED, la creazione di energia solare, tecnologie per il trattamento di rifiuti e finestre ad alto valore isolante.
Tutti i dati riguardanti questi settori sono più che incoraggianti. Prendiamo ad esempio l’azienda Cree, produttrice di tecnologie LED, che ha base in quella North Carolina specializzata in tessile e mobile che sta pagando la concorrenza cinese con un aumento della disoccupazione e la chiusura di molti stabilimenti specializzati in quei settori. In quella stessa zona, Cree ha cavalcato invece con successo l’onda verde, quadruplicando il numero di occupati dal 2002 e passando dai 228 milioni di dollari di fatturato del 2003 ai 493 del 2008, guadagnando una posizione di leadership a livello mondiale.
Ma i settori interessati da questa nuova filosofia del produrre e dai relativi vantaggi sono molto più numerosi. Basti pensare che in ognuna di queste speciali finestre ad alte performance ambientali, ad esempio, ci sono almeno 10 componenti, che provengono da fornitori che non possono che beneficiare della crescita di questo settore, che secondo il rapporto, rappresenta già il 60% del mercato totale americano.

Ma oltre ai ricercatori di Duke, molti altri studiosi e non solo si sono posti la stessa domanda, e trovando le stesse risposte, hanno cominciato ad investire in questa direzione. Come ad esempio è avvenuto in Gran Bretagna, dove nel piano governativo di rilancio economico è compreso un programma di miglioramento dell’efficienza energetica dell’edilizia pubblica e privata, settore da tempo in difficoltà, che porterebbe, oltre alla riduzione della bolletta energetica di migliaia di cittadini, anche alla creazione di oltre 10.000 nuovi posti di lavoro. O nella Germania di Audi e Bmw, dove ci sono più occupati nel comparto del solare che in quello dell’auto.

Insomma, produrre in modo ecologicamente sostenibile può significare anche produrre economicamente sostenibile.

Valentina



La sostenibilità sotto l’albero di Natale

15 12 2008

E’ Natale. E’ tempo di festa, vacanze, luci. E regali.

Nell’attesa di lanciarmi nelle maratone natalizie in centri commerciali e centri città per riuscire nell’ingrato compito di trovare un regalo giusto per ciascuno, mi sono lanciata in un tour di shopping on-line, incappando in un simpatico catalogo di regali per tutti i gusti. In questo periodo di crisi ogni azienda o  negoziante si sta prodigando in mille modi per far arrivare i propri prodotti sotto l’albero, reclamizzando le speciali caratteristiche del proprio prodotto. Ma i prodotti di questo catalogo hanno delle caratteristiche particolari. Sono tutti green: fatti di materiali riciclati, super minimalist o ipo energetici.
Un catalogo insomma, per chi, anche a Natale, vuole essere coerente con il proprio stile di vita eco-sostenibile, ma anche per chi vuole fare un regalo originale, che possa far contenti chi lo riceve rispettando l’ambiente ma anche i limiti del portafoglio.

Tra i regali per lei quello che mi è piaciuto di più è sicuramente la Escama Socorro Bag una borsetta da sera fatta interamente di linguette di lattine in alluminio. E poi intimo, vestiario, accessori, tutti fatti in materiali rigorosamente organici, certificati e/o riciclati. O ancora borsa in pelle riciclata, o pelle vegetale, oppure con incorporato un piccolo pannello solare, come le borse, pure fashion di Noon, che permettono di ricaricare l’i-pod o il cellulare mentre si passeggia per le vie per il centro.

Ma trovare un regalo interessante per una donna non è così difficile quanto un regalo originale da uomo. Così Inhabitat, il sito che propone questo originale catalogo natalizio, ha proposto anche un catalogo maschile, pieno di interessanti soluzioni, che mixano il design alla sostenibilità ambientale. Come la borsa porta portatile di Timbuk2 costruita in materiali chimici ma eco-intelligenti e tinta con vernici non tossiche, che tra l’altro permette una completa personalizzazione se creata attraverso il sito web. O, per gli sportivi, le tavole da snowboard fatte interamente con materiali a basso impatto ambientale e attraverso stabilimenti che usano 100% energia pulita. O le scarpe Terra Plana Aqua, fatte con una serie di diversi materiali riciclati. Ma il top secondo me sono i gemelli fatti con i tasti di vecchie macchine da scrivere, con la possibilità di personalizzarli con le proprie iniziali. Menzione speciale per la simpatia a quello che è definito il compagno ideale di un uomo: un improbabile gadget che funziona da pila e da radio insieme, che si alimenta con l’energia solare o… a manovella!

Chi l’ha detto che ci sono pochi prodotti eco-sostenibili, o che non sono già commercializzati?

Secondo le guide del blog Inhabitant, Babbo Natale quest’anno potrà scegliere tra moltissimi regali che rispettano l’ambiente, e anche senza strapazzare troppo il portafoglio. Per chi fosse interessato, suggerisco una lettura del catalogo dei prodotti eco sotto i 20$: vedere per credere. Insomma, la sostenibilità ambientale nei prodotti di tutti i giorni è ormai una realtà diffusa: anche Babbo Natale è avvisato.

Valentina



L’Italia della tecnologia verde: parliamo di cogenerazione

9 12 2008

In temi di tecnologie energetiche e del risparmio energetico uno dei settori più interessanti per il mercato italiano è quello della cogenerazione energetica, tecnologia che prevede la produzione combinata e simultanea, in un unico sistema integrato, di energia elettrica e termica in esercizio continuo, partendo da un’unica fonte (fossile o rinnovabile).
I vantaggi forniti da questo tipo di tecnologia sono molteplici, a partire dal significativo risparmio energetico (circa il 30%) rispetto alla produzione separata di energia elettrica e termica di sistemi centralizzati; dal ridotto inquinamento e dalla diminuzione delle  emissioni di CO²) nonché una riduzione degli sprechi delle risorse energetiche tradizionali attraverso un loro utilizzo più efficiente e un annullamento delle perdite di trasmissione lungo la rete di distribuzione.
Una visita presso l’azienda Spark Energy S.p.A. con sede a Possagno (TV), operante da vent’anni nel settore dell’energia e del risparmio energetico, ci ha permesso di approfondire ulteriormente le caratteristiche di questa tecnologia nonché lo stato del mercato italiano. La società è di piccole dimensioni –ha un organico di 23 persone- ma detiene una buona quota del mercato nazionale, quasi l’8%, che in un mercato altamente frammentato e artigianale come quello della cogenerazione è una cifra di tutto rispetto. L’azienda è sicuramente un’esempio di successo imprenditoriale, che ha avuto riscontro anche dal proprio mercato, se consideriamo che il fatturato dell’azienda nell’ultimo anno è più che triplicato, grazie soprattutto alla diffusione della cogenerazione energetica nel settore terziario. La società dal 2006 è parte del Gruppo Riello S.p.A. che ha deciso di entrare nel mercato dell’energia acquisendo Coge Engineering, l’area commerciale, R&D e industriale della cogenerazione e trigenerazione (tecnologia che prevede la produzione di elettricità, riscaldamento e condizionamento) di Spark Energy, istituendo così la Coge Engineering S.r.l., diventata nel 2008 RielloEway, centro di eccellenza di sistemi ad alta efficienza. L’appartenenza a questo grande gruppo industriale è stata sicuramente molto positiva per RielloEway, garantendo sinergie sia dal punto di vista della progettazione e del know how che dal punto di vista commerciale, grazie alla presenza capillare di installatori del gruppo nel territorio italiano. L’azienda è forte anche di know how e competenze tecniche ventennali che le hanno permesso di specializzarsi nella produzione di soluzioni tecnologiche personalizzate che, a differenza dei grandi concorrenti tedeschi e inglesi, permettono flessibilità e modularità degli impianti realizzati.
In Italia, paese ad elevato fabbisogno energetico e fortemente dipendente dall’importazione di energia, solo l’8% della produzione energetica è generato mediante cogenerazione, contro il 53% della Danimarca, il 38% dell’Olanda e il 35% della Finlandia, per citare solo alcuni tra i più virtuosi esempi europei. Naturalmente le lacune – non solo legislative- della politica energetica nazionale italiana, non aiutano di certo lo sviluppo e la diffusione di questa tecnologia nel nostro paese.
Ma il mercato potenziale di questo tipo di tecnologia è molto ampio, soprattutto in prospettiva delle nuove direttive europee in termini di risparmio energetico e riduzione delle emissioni. Infatti, a trarre vantaggio dall’applicazione della tecnologia cogenerativa possono essere attività appartenenti tanto al settore industriale (specialmente industrie alimentari, tessili, conciarie, farmaceutiche, della ceramica, della gomma e delle materie plastiche,…), quanto a quello terziario (ospedali, case di cura, strutture alberghiere e residenziali, uffici e centri sportivi, ecc). E’ proprio a questo secondo settore che RielloEway vuole maggiormente rivolgersi, per fare leva sul potenziale inespresso del mercato dei cogeneratori di più piccole dimensioni, a coprire le necessità di strutture residenziali e di servizi.

RielloEway è il classico esempio di azienda all’italiana, che ha maturato un esperienza ventennale nella realizzazione su commessa e si differenzia dai concorrenti, le grandi straniere Vaillant o Baxi, proprio per la sua capacità di customizzare il prodotto e realizzare impianti flessibili e modulari. Ma ha sviluppato queste caratteristiche tipiche del Made in Italy in un comparto a forte contenuto tecnologico e con un alto impatto a livello ambientale, a ricordarci che il nostro tessuto industriale può avere importanti carte da giocarsi anche in questi settori.

Scila



Scenari energetici in Italia al 2020

2 12 2008

Qualche giorno fa a Padova si è svolto un convegno sugli scenari energetici al 2020 con uno sguardo particolare alla situazione italiana e al suo possibile ruolo all’interno dello ambito europeo. Il convegno, che ha visto una numerosa partecipazione oltre che di studiosi e accademici da tutto il Nord Italia anche di esponenti del mondo aziendale, ha indirizzato il delicato tema degli scenari energetici che si aprono per l’Italia all’indomani del molto discusso pacchetto 20-20-20 proposto dall’Unione Europea. Il convegno si poneva l’ambizioso obbiettivo di delineare una possibile proposta per una strategia nazionale per il raggiungimento degli obbiettivi – di riduzione delle emissioni, dell’incremento di energia rinnovabile e dell’efficienza energetica- assegnati dall’UE all’Italia, che al momento non esiste ancora.

Il tema è decisamente scottante tanto che i moderatori a tratti hanno dovuto calmare le acque come Floris in un dibattito tra Di Pietro e Castelli. Il motivo di tanto contendere sono stati soprattutto i numeri, relativi sia ai costi dell’effettuazione del pacchetto, che per molti degli studiosi presenti viaggiano decisamente al di sotto delle cifre su cui si basa l’attuale posizione del governo italiano sia ai benefici che deriverebbero da tali provvedimenti. Al di là della battaglia sulle cifre, il messaggio forte che ho colto dal vivissimo dibattito è stato un altro. E cioè che l’oggetto del contendere non è solo il combattere il global warming ma si sta discutendo della competitività del sistema economico italiano (ed europeo) nel prossimo futuro. È vero che la riduzione di Co2 a fronte dei provvedimenti obbiettivo sarebbe relativamente piccola – un taglio alle emissioni del 0,0015% secondo Confindustria. Ma quello di cui si discute in sede europea va oltre questo obbiettivo, prospettando un ambizioso piano strategico sulle tecnologie, tecnologie per una transizione ad un economia che segua un modello di sviluppo compatibile con l’ambiente. L’Europa non è certo l’unica che ha fiutato questa opportunità: anche la Cina, che non è nota basare i suoi piani industriali su scrupoli moralistici e ambientalisti, si è posta l’obbiettivo 19% di energia da rinnovabili al 2020. Energia prodotta, presumibilmente, da pannelli solari o pale eoliche made in China con un relativo indotto economico, che già si sta sviluppando, non indifferente. Se la Cina si è già mossa in questa direzione, anche l’America di Obama non tarderà a muoversi in questa direzione (forte dei 150 miliardi di dollari che il neo eletto ha promesso investirà nei prossimi 10 anni) e anche l’India si sta guadagnando un posto di tutto rispetto nel panorama mondiale per la produzione di pale eoliche. Insomma, non c’è tempo da perdere per non restare fuori dal mercato delle green technologies. Attualmente, nella Germania di Audi e Bmw ci sono più occupati nel comparto del solare che in quello dell’auto. Solo un indicatore tra i tanti che dimostra come l’obbiettivo della riduzione di emissioni e aumento dell’efficienza energetica sottende anche un mercato che potrà avere importanti riflessi non solo sull’ambiente ma anche sull’economia, in termini di occupazione che di fatturato sia in high tech – come quello per la produzione di tecnologie per le rinnovabili – che low tech -dai mobili alle ceramiche.

Alle prese con una delle peggiori tempeste per l’economia di sempre, investire in questa scommessa di economia sostenibile può rappresentare per l’economia italiana una delle poche scialuppe di salvataggio disponibili.

Valentina



Obama, McCain e il fattore ambiente

3 11 2008

Ormai manca un giorno alle elezioni americane. Dopo mesi di spot e dibattiti televisivi stiamo giungendo alla fine della campagna elettorale più discussa del mondo. Ma su che cosa i due candidati si giocheranno la vittoria per la Casa Bianca? Molto si è parlato sulle loro posizioni sulla guerra in Iraq, sull’economia e sull’immigrazione.
Ma c’è un altro importante argomento su cui si gioca la vittoria del prossimo inquilino alla Casa Bianca: la politica energetica e ambientale. Dopo mesi di rialzi del costo del petrolio (prezzi da sogno per noi europei, ma mai così alti nella storia per i colleghi d’oltreoceano) e allarmanti notizie sui cambiamenti climatici, per l’americano medio la questione energia sta diventando un argomento importante, per cui esige delle risposte chiare e forti dalla classe politica.
Navigando nei siti di Obama e McCain la prima cosa che salta all’occhio è già un interessante conclusione: le politiche energetiche proposte dai due senatori sono simili. Emerge chiara una necessità bipartisan: ridurre la dipendenza dalle fonti fossili di paesi instabili e potenzialmente canaglia. Ed entrambi indicano l’utilizzo di fonti energetiche alternative come un passaggio obbligato verso questa direzione, molto più che un recente sondaggio ha dimostrato come i supporter di entrambi i candidati siano fortemente favorevoli ad una maggiore efficienza energetica e a politiche che riducano l’impiego di petrolio e nucleare.
La diversità tra i due leader sta nel come raggiungere questi obiettivi.
La ricetta McCain per alleggerire la bolletta energetica in capo ai già provati capi famiglia americani è un incremento dello sfruttamento petrolifero sul suolo americano nonchè un nuovo sviluppo del nucleare, mentre Obama è più cauto su questi due fronti. Per quanto riguarda le rinnovabili l’obiettivo comune è ridurre entro il 2020 le emissioni ai livelli del 1990. Ma se McCain, da bravo repubblicano, propone un modello basato sul mercato, in cui lo sviluppo di fonti rinnovabili debba essere determinato dal mercato, per Obama tax subsidies sono necessari per accelerare l’entrata nel mercato di solare e eolico (in cui ha dichiarato di voler investire 150 miliardi di dollari nel prossimo decennio). Insomma, anche se entrambi i programmi propongono solo strategie di lungo termine, Obama sembra rispondere meglio alle istanze dell’elettorato sensibile all’ambiente.

Ma quanto possono pesare queste differenze sul risultato del voto? Una buona politica energetica e ambientale può rivelarsi più importante per gli esiti del voto di quello che può sembrare a prima vista. Non coinvolge, infatti, soltanto i sostenitori di un modello di sviluppo pi sostenibile, o coloro che credono che possa essere una via d’uscita all’attuale crisi economica. Come sottolinea il professor Peter Haas dall’Hiffington Post, il suo effetto è anche più sottile: la tutela dell’ambiente, infatti, basandosi sul richiamo a valori universali, è una discussione che colpisce l’emotività di un elettorato trasversale, emotività che da sempre ha dimostrato giocare un ruolo importante nella nomina di leader politici.

Non resta che aspettare domani per capire se il differente approccio alla politica energetico-ambientale può rivelarsi una carta in più per guadagnare la residenza alla Casa Bianca.

Valentina



Se un giorno, a Venezia, la mobilità sostenibile…

27 09 2008

Sono venuta a sapere per caso surfando in internet quello che sta per accadere nella mia città di adozione, Venezia. Le magie dell’informatica.

A quanto pare, sono rimasta finora all’oscuro della rivoluzione del momento, che stravolgerà la locomozione in città e in tutte le municipalità che compongono il comune dell’acqua alta e del campanile di San Marco. Il progetto in questione si chiama Ticket Mobilità ed è stato realizzato dall’assessorato alla mobilità del trafficatissimo comune insieme ad alcune aziende di servizi. L’idea di base è semplice quanto ambiziosa: utilizzando i Ticket, che avranno un valore da 1 a 258 euro, i dipendenti delle aziende aderenti  potranno acquistare, presso gli esercizi convenzionati, auto bifuel e biciclette, biglietti per il trasporto pubblico collettivo o individuale o servizi quali il Car Sharing. Insomma, uno stratagemma per stimolare cittadinanza e imprenditori verso l’adozione di misure di mobilità sostenibile che possano aumentare l’efficienza del trasporto e ridurre le emissioni inquinanti sul territorio.

Una risposta, tutta veneziana, ad un problema che caratterizza moltissime delle città moderne: l’inquinamento e della congestione da traffico, alla quale altre grandi città stanno cercando una soluzione. La Spagna di Zapatero ha già destinato dei fondi per raggiungere nel 2014 l’obbiettivo di un milione di auto elettriche in circolazione, mentre Berlino risponde con E-mobility Berlin che prevede dei punti di ricarica veloce per auto elettriche e ibride, e la diffusione di auto a batteria di nuova generazione. Riuscirà Ticket Mobilità a centrare l’ambizioso obbiettivo di creare un sistema di mobilità sostenibile, proponendosi da esempio per altre amministrazioni locali italiane?

Valentina



E=soldi^2

13 05 2008

Il petrolio continua a crescere, le emissioni nocive in atmosfera pure, e la bolletta energetica del paese frena una produzione industriale che stenta a tenere i ritmi con la spietata concorrenza internazionale. Come risolvere il problema?
Scajola propone una ricetta energetica composta da un mix vecchio stile, con un ritorno al nucleare per fare in modo che compra fino al 50% dei fabbisogni energetici nazionali.
Altre voci autorevoli chiamano invece in campo le energie rinnovabili, che sfruttino la potenzialità geofisiche del Belpaese, riducendo le emissioni e cercando di avvicinarsi al traguardi fissati dal protocollo di Kyoto. Per ora, stando a fonti Istat, le rinnovabili coprono solo il 15% dei consumi di energia elettrica degli italiani, ponendo il nostro paese (anche in questo ambito!) sotto la media europea.
Come uscire da questa empasse? La costruzione di grandi impianti, sia nucleari che eolici o fotovoltaici, presuppone l’utilizzo di fondi pubblici, che (sempre che ce ne siano ancora…), al momento sembrano destinati ad altre priorità. Vero? Non del tutto.
Le novità più interessanti vengono infatti dal settore privato, non tanto o non solo da aziende specializzate nella produzione di energia, quanto da imprese che hanno fiutato l’affare, vedendo nella produzione di energia da fonti alternative un possibile business così come una riduzione considerevole dei costi.

Un caso interessante è quello della casa Olearia Italiana: nata come oleificio, dieci anni fa ha cominciato a sfruttare l’olio come combustibile per creare energia necessaria alla propria produzione, riducendo di moltissimo i costi. Poco a poco gli impianti (a biomasse solide e fotovoltaici e per la creazione di biodiesel) sono diventati un business separato per l’azienda che ora è gestito da due imprese fondate ad hoc, la Italbioil e la Italgreen, che rivendono il 97% dell’energia prodotta alla rete principale.

Un altro caso interessante di un’azienda che ha saputo modificare un problema (l’elevata bolletta energetica) in un’opportunità di risparmio e di business è Ciccolella, gruppo quotato a Milano, leader europeo nella produzione di rose e anthurium. Il sistema creato dall’azienda per ridurre costi ed emissioni è semplicemente geniale: è stato, infatti, costruito un impianto di cogenerazione che produce il calore necessario all’azienda sfruttando l’acqua calda proveniente dalla centrale elettrica del vicino stabilimento Fiat di Melfi. L’investimento non è stato da poco, chiosa l’imprenditore, ma i ritorni sono stati praticamente immediati, con un notevole vantaggio competitivo generato dalla riduzione del 30% sui costi di produzione.

Solo due esempi di una realtà in continuo aumento.
Buone notizie per l’Italia dunque. Se come investimenti pubblici nelle rinnovabili siamo ancora un fanalino di coda nell’economia europea, e superiamo del 19,5% i limiti di emissione di Kyoto, buone speranze risiedono nel settore privato. Il genio imprenditoriale italiano ha infatti tutti i numeri per presentarsi come risolutore dell’eterno trade-off ambiente-industria, dimostrando come sia possibile fare della sostenibilità ambientale un business.

Valentina



Mille mille bolle verdi

31 03 2008

Tutti sappiamo che gli investimenti in tecnologie eco-compatibili sono molto importanti se non indispensabili per la conservazione dell’ambiente. Ma secondo Eric Janszen, economista e business angel americano, gli investimenti in rinnovabili e altre innovazioni pulite, possono fare molto di più. Possono salvare, oltre che l’ambiente, anche l’economia mondiale, specialmente quella americana.
Come? La tesi di Eric è tanto interessante quanto disincantata.
Non è un segreto che l’economia mondiale, e in particolare quella a stelle e strisce, stiano entrando in recessione, trascinati, nelle parole di Eric, soprattutto dall’alto tasso di indebitamento pubblico e privato che diverrà presto non più sostenibile. Secondo Eric, il settore delle tecnologie rispettose dell’ambiente è l’unico in grado di produrre sufficiente “valore fittizio” da rimpiazzare le perdite dovute alla bolla immobiliare. Secondo i suoi calcoli, infatti, il valore creabile sarebbe nell’ordine dei triliardi di dollari, venti per l’esattezza. Parafrasando le sue parole visto la situazione in cui si trova l’economia oggi, la sola cosa peggiore di una bolla speculativa sarebbe la sua assenza. Un punto a favore di queste tecnologie, specialmente quelle per l’energia, è poi che è un settore politicamente gestito e gestibile, nel senso che per creare le infrastrutture necessarie per porre le basi di una produzione eco-sostenibile, è necessario un intervento centralizzato.
Insomma, il signor Janszen ci insegna che l’attenzione ai settori eco-sostenibili dovrebbe essere ai primi posti nelle agende politiche mondiali, soprattutto quelle dei paesi sviluppati, se non per salvare l’ambiente almeno per ssalvare le finanze.



Reportiamo un po’ di luce

17 03 2008

Da brava curiosa e ignorante in materia, ieri sera mi sono regalata una serata di giornalismo vecchio stile su un modello di sviluppo alternativo. Tra le tante interessanti notizie preoccupanti o rassicuranti che sono emerse nella puntata di Report, vorrei segnalare alcune riflessioni che sono emerse a riguardo delle energie rinnovabili, un po’ per condividerle, un po’ per chiedere maggiori lumi nella comprensione di un argomento più vischioso di quello che sembra.
L’energia è infatti uno dei temi più caldi in tema di sostenibilità, vuoi per l’attenzione dedicatagli dai media per via dei continui aumenti nella bolletta energetica, vuoi per il suo alto impatto in termini di emissioni e di risorse sprecate.
Eolico, solare, cogenerazione, biomasse, sono solo alcune delle tante tecnologie disponibili su cui da tempo si discute in termini di efficacia e fattibilità. Non entrando nel merito della discussione sull’efficacia, che richiede conoscenze che non possiedo, mi soffermo invece su un altro aspetto importante, che a volte viene invece tralasciato quando si discute della produzione di energie alternative: la gestione e distribuzione. La visione della trasmissione di ieri è stato spunto per una riflessione su un nuovo punto di vista attraverso il quale affrontare la questione: la produzione di energia pulita è pressocchè inutile se non viene progettata una rete che ne gestisca la distribuzione e la produzione, nonchè un sistema di incentivi che accorci il tempo di rientro dell’investimento. Insomma, una serie di attenzioni non solo burocratiche ma anche tecniche è indispensabile tanto quanto l’installazione di pannelli solari sopra ogni tetto.
Dunque, a che vale discutere della scelta tra eolico o termico, fotovoltaico o geotermico se non viene realizzato un piano che renda effettiva ed utilizzabile l’energia prodotta da qualsiasi di queste tecnologie? A questo punto la riflessione successiva si sposta sui soggetti: un piano di questo tipo può prescindere da un provvedimento accentrato di matrice pubblica?
I giornalisti di Report hanno dimostrato che qualcun ci è riuscito, citando il noto caso di Schonau, piccolo paesino tedesco della foresta nera che, grazie alla determinazione dei suoi abitanti, è diventato più che autosufficiente in termini energetici. Ma è possibile replicare in Italia un simile modello, prescindendo dal contesto di gonnelline alla tirolese e boccali di birra?

Valentina



Masdar: la città eco sostenibile

17 01 2008

Pochi se ne sono accorti, ma l’ultimo viaggio di Bush in Medio Oriente non è trascorso solo a parlare di pace in MO e del futuro di Iraq ed Iran. Una delle sue ultime tappe, infatti, sono stati gli Emirati Arabi dove gli è stato presentato il progetto di Masdar, letteralmente sorgente. Il progetto, fortemente voluto dal sultanato, consiste nella realizzazione di un intera città eco-compatibile. Masdar City, disegnata dallo studio di architettura londinese Foster and Partners, sarà una vera città, in grado di ospitare 50.000 abitanti e realizzata nel cuore di Abu Dhabi.

Non solo petrolio e raffinerie dunque: anche gli Emirati, simbolo della dipendenza da fonti di energie fossili, stanno investendo in nuove direzioni, direzioni decisamente più green.
Il progetto prevede, infatti, diversi impianti fotovoltaici, solari ed eolici, oltre ad una struttura di desalinazzazione alimentata dal sole. Vista la location di Masdar infatti, è stato giustamente progettato lo sfruttamento della fonte di energia più diffusa, il sole, che non sarà però la sola.
La città, che stando ai progetti sarà abitabile già nel 2009, sfrutterà anche le risorse idriche di scarto e i rifiuti generati dalla capitale.
Il 99% dei rifiuti sarà riciclato o finirà in compostaggio e termovalorizzatori, mentre per il trasporto sarà favorito quello pubblico, car sharing e mezzi a bassa emissione.

Molto intelligente anche la dinamica di costruzione: si partirà da una centrale fotovoltaica di 40 megawatt che fornirà energia per la successiva costruzione di case, aziende (specializzate in energie rinnovabili e simili of course!) ma anche università e centri di ricerca. Il Masdar Institute of Science and Technology godrà di appoggi prestigiosi: l’MIT ha firmato un accordo per realizzare e commercializzare i progetti del MIST che saranno tutti incentrati, manco a dirlo, su energie alternative e dintorni.

La costruzione di un progetto grandioso come quello di Masdar, bisogna ammetterlo, è stata resa possibile grazie ad grande disponibilità di fondi neanche lontanamente immaginabili nella realtà italiana. Tuttavia, questo esempio può fornire degli spunti interessanti anche per il nostro contesto. Per arrivare ad esempi come questi non serve necessariamente investire il 50% del PIL nazionale: basta iniziare ad investire per un green building.

Per approfondire