Non solo rose e fiori dal fronte sostenibilità
9 01 2009In queste pagine abbiamo raccontato spesso le potenzialità e i risultati positivi raggiunti da alcune imprese o settori grazie al connubio produzione&sostenibilità ambientale. Ma i segnali lanciati dal mercato non sono solo positivi. Stiamo parlando della drastica diminuzione degli affari nel settore dei pannelli solari e delle energie rinnovabili più in generale, dovute all’imprevista riduzione del costo del greggio e alla crisi finanziaria che non favorisce certo investimenti con ritorni a medio termine.
I primi, consistenti segnali di questa controtendenza ci arrivano dal lontano oriente. Federico Rampini ci racconta che metà delle fabbriche di Suntech, leader globale del settore, sono state chiuse, e in molti degli altri stabilimenti ai dipendenti è stato chiesto di presentarsi un giorno alla settimana. E Suntech non è sola. Sembra che l’unico settore in costante calo nelle oscillazioni frenetiche della borsa cinese sia stato proprio il solare. Dei sedici maggiori fabbricanti mondiali di pannelli fotovoltaici, sei battono bandiera cinese, con un dietro le quinte composto da molti altri produttori di componenti basati sempre nella repubblica popolare cinese. Ma molti di queste, Sunpower, JA Solar, LDK Solar, Trina Solar, sono crollate inesorabilmente proprio come il colosso del settore.
Il crollo è tanto più sentito tanto più che le prospettive di crescita erano di tutt’altro segno. A fine 2007 le imprese cinesi nel business ambientale erano trentamila, con tre milioni di dipendenti e un fatturato di 700 miliardi di yuan. E il solare era uno dei maggiori traini di questo sviluppo, che l’anno scorso aveva attirato anche molti fondi esteri di investimento. Che avevano portato anche a innovazioni tecnologiche interessanti, a un più ampio utilizzo delle rinnovabili anche sul suolo cinese, e a grandi progetti per sviluppo di monumentali centrali solari.
Ma lo spettro della recessione mondiale ha fermato questo processo virtuoso. I cinesi erano leader indiscussi nell’export del solare: il 95% della produzione era destinata all’export, e questo certo non fa favorito SunTech e compagne. Ma anche altri colossi mondiali delle rinnovabili hanno incassato lo stop, come la britannica Centrica, che ha bloccato piani per la creazione di nuove centrali eoliche o la francese Theolia che ha cambiato idea sull’apertura di nuovi impianti per la produzione del pale eoliche.
La situazione non è delle migliori. Il presidente di Solar Enertech, un altra importante azienda del solare, lo ha detto nei toni più cupi: “Per il solare è giunto il giorno del giudizio come accadde per la bolla di internet”. Forse la situazione non è così tragica, ma l’esempio del solare cinese ci insegna che la convenienza economica di un prodotto sostenibile è necessaria affinché sia preferito ai sostituti più inquinanti, anche in periodi di crisi. La nicchia di consumatori duri e puri, che vogliono e possono rinunciare a prodotti più low cost per tener fede alle loro convinzioni su un consumo consapevole non sarà mai sufficientemente grande da rendere economicamente sostenibile quelle produzioni eco-compatibili.
Insomma, la lezione che imparo da questo esempio è che per raggiungere un modello di sviluppo sostenibile sia a livello ambientale che economico è necessario un raffinamento delle tecnologie produttive disponibili, che abbassino i costi di produzione. In altre parole, della necessità di un maggior investimento in ricerca e sviluppo, sullo stile dei sussidi all’ambiente proposti da Obama in campagna elettorale.
Valentina
Buona notizia, vuol dire che poco prima della ripresa converrà investire lì…
già, sperando che comunque qualcun’altro continui a investirci anche durante la crisi…