Protected: Certificazioni ambientali di prodotto e dintorni

31 01 2008

Nel panorama di certificazioni ambientali di prodotto, oltre alla galassia degli Ecolabels, sono presenti anche le EPD (Environmental Product Declaration) attraverso le quali vengono individuati e valutati gli impatti ambientali di un prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita secondo il metodo del LCA.
Se gli Ecolabel fanno riferimento a standard fissati a livello europeo (come l’Emas per i processi di produzione), gli EPD fanno invece riferimento a standard internazionali (come le Iso per i processi di produzione).
Il link fa riferimento ad una presentazione per un veloce approfondimento dello strumento EPD.
Per i prodotti conciari ad esempio non sono presenti Ecolabel di riferimento, ma va segnalato che il distretto di Arzignano (nello specifico l’Agenzia GIADA – Gestione Integrata Ambientale per il Distretto di Arzignano) ha proposto a fine 2007 un sistema per le aziende conciarie di certificazione ambientale EPD per le pelli bovine finite.
Tematica da “monitorare” nei prossimi mesi!

Barbara

Approfondimento EPD



Crociere e ambiente

26 01 2008

In queste ultime settimane, in tema di rifiuti, l’Italia si è guadagnata un posto di rilievo in tutti i media internazionali. Al di là delle ragioni dello scandalo, è interessante rilevare l’importanza e la complessità che ha oramai assunto la gestione dei rifiuti nelle politiche locali. Anche le aziende si confrontano con queste problematiche, e per una volta l’Italia può vantare degli esempi positivi, di aziende che hanno trasformato le problematiche di tipo ambientale in opportunità.
Stiamo parlando di Costa Crociere, una delle più grandi compagnie di crociere al mondo. L’azienda ha ridotto del 10% il volume dei rifiuti per persona a bordo delle navi di Costa Crociere, che ha introdotto anche un nuovo sistema di smaltimento dei rifiuti non alimentari che favorisce la raccolta differenziata.
La gestione dei rifiuti è tuttavia solo una parte di una strategia più ampia di rispetto dell’ambiente:come testimonia il bilancio socio-ambientale 2006, l’azienda si occupa anche di ottimizzare le risorse, così come di diminuire gli scarichi e le emissioni sia delle navi da crociera che degli imppianti a terra.
L’attenzione dell’azienda per la sostenibilità, rappresenta per Costa Crociere un atteggiamento da trasmettere a tutto il personale, attraverso corsi di formazione specifici.

Ma la politica aziendale in sè non può ottenere nessun vantaggio o ritorno di immagine se non si sa raccontare: la sostenibilità è anche un prodotto da vendere a tutti gli stakeholders con cui l’azienda si confronta. E l’azienda italiana leader delle Crociere rappresenta un ottimo esempio anche da questo punto di vista. Dopo la certificazione ISO 14001, l’azienda ha anche ottenuto il marchio Green Star del RINA per tuttel le navi della flotte, che garantisce che non danneggiano l’ambiente e contribuiscono a mantenere puliti l’aria ed il mare.
L’impegno di Costa Crociera per l’ambiente si racconta anche attraverso i premi che riceve: nel 2006 la sede svizzera del Tour Operator Kuoni ha assegnato il Green Planet Award (principale riconoscimento in materia di gestione ambientale, nel settore turismo) alla flotta Costa Crociere. Ultimo tassello della strategia di comunicazione della sostenibilità di questo grande gruppo, riguarda gli importanti partner con cui ha deciso i collaborare, il WWF, una delle fondazioni più note per quanto riguarda i temi ambientali, e il Joint Research Centre (Institute for Environment and Sustainability) della Commissione Ue, per monitorare il mutamento climatico nel Mediterraneo.

In giorni di scandali e vergogna per il disastro campano, un esempio di azienda che sa rispettare l’ambiente ma soprattutto sa raccontare questa strategia facendola diventare un punto di forza per le proprie politiche.

Valentina



Protected: Arzignano e le iniziative per la sostenibilità intraprese

22 01 2008

L’analisi preliminare presentata venerdì 18 gennaio sul distretto della concia di Arzignano.
Dalle prime ricerche emerge un distretto che dalla metà degli anni ’70 ad oggi ha cercato di dare delle risposte ai problemi ambientali che nell’area si sono presentati in relazione alle lavorazioni conciarie, sollecitato prima di tutto dall’evoluzione della normativa di riferimento, ma anche, negli anni più recenti, da crescenti pressioni da parte della comunità locale e degli attori “a valle” della catena del valore – aziende clienti e consumatori finali -.
Le risposte che sono state attuate hanno soprattutto visto l’attivarsi di dinamiche collaborative e di coopetition tra le aziende del distretto.
arzignano_180108.pdf



Gruppo Crabo S.P.A.

19 01 2008

Il gruppo Crabo, azienda del distretto friulano dei mobili, offre interessanti esempi di innovazione ambientale, sia dal punto di vista del prodotto che del processo.
L’azienda nasce nel 1961 in un contesto in cui la tradizione della lavorazione del legno è ben radicata. Oggi opera nei mercati di tutto il mondo con un fatturato di circa 45.000.000 € producendo principalmente sedie, tavoli, gruppi angolari e complementi d’arredo, con stabilimenti in Italia, Serbia e Bosnia.

La tag-line del sito aziendale cita “The Eco FriendlyChoise”: fin dagli inizi infatti i fondatori del Gruppo hanno creduto in pochi e semplici concetti che caratterizzano la visone proattiva dell’azienda, primi fra tutti il rispetto dell’ambiente e la qualità del processo produttivo e del prodotto. Proprio per perseguire la coerenza con tale filosofia, il Gruppo ha da sempre perseguito alti standard ambientali nella realizzazione dei propri prodotti, attraverso pazienti ricerche e l’utilizzo di particolari tecnologie.

In particolare, riguardo appunto il prodotto, due sono i più evidenti interventi dal punto di vista della eco sostenibilità:
- I prodotti sono progettati in modo tale da essere smontabili, con l’evidente vantaggio di permettere, grazie al minor volume e alla facilità di trasporto, una riduzione dell’inquinamento veicolare.
- Sono stati progettati, realizzati e impiegati tre nuovi materiali ecocompatibili (Bree, Chylon, Chyplast): sono materiali ad elevato contenuto tecnologico che, tramite un processo di selezione, trattamento, omogeneizzazione, estrusione e pressatura di particelle del legno e di materiali termoplastici adeguatamente miscelati, consentono di ottenere un prodotto con caratteristiche tattili e di conduzione simili al legno e la plasticità caratteristica dei polimeri.

Dal punto di vista del processo invece, il Gruppo ha sviluppato quello che viene definito “circolo integrato del recupero” (C.I.R.), una ristrutturazione del processo di produzione che permette il riutilizzo sia degli scarti della lavorazione del legno che di una parte della plastica ricavata dalla raccolta differenziata. L’intero ciclo è sviluppato in tre stabilimenti:
- Italsvenska (che ha ottenuto nel 2001 la certificazione del sistema di gestione ambientale secondo la norma UNI EN ISO 14001, e dal 2003 la registrazione EMAS), dove avviene la produzione dei mobili veri e propri, da dove vengono ricavati gli scarti del legno e gli sfridi del legno che andranno destinati allo stabilimento Chenna;
- Chenna, dove gli sfridi del legno vengono impiegati assieme ai materiali plastici provenienti dalla raccolta differenziata per produrre Bree, Chylon, e Chyplast;
- Nuova Romano Bolzicco, dove viene prodotta energia termica ed elettrica attraverso la termovalorizzazione degli scarti dell’industria del legno (provenienti da Italsvenska) e delle materie plastiche, ricavate dalla raccolta differenziata e non utilizzabili nella produzione di Chylon.

Per lo sviluppo del Circolo Integrato del Recupero sono stati coinvolti diversi attori, tra cui il CONAI, consorzio nazionale imballaggi e il COREPLA, consorzio per Raccolta, il Riciclaggio e il Recupero dei Rifiuti di Imballaggi in Plastica. Grazie anche a questi soggetti é stato possibile sviluppare il Circolo Integrato del Recupero (CIR), in particolare per quanto riguarda il flusso di materie plastiche recuperate che vengono destinate, per la parte utilizzabile, alla produzione di nuovi manufatti e per la parte non utilizzabile alla termovalorizzazione, con conseguente produzione di energia elettrica e termica.

Per approfondire:
Crabo S.P.A.
Stabilimento Chenna
C.I.R.

Elena



Masdar: la città eco sostenibile

17 01 2008

Pochi se ne sono accorti, ma l’ultimo viaggio di Bush in Medio Oriente non è trascorso solo a parlare di pace in MO e del futuro di Iraq ed Iran. Una delle sue ultime tappe, infatti, sono stati gli Emirati Arabi dove gli è stato presentato il progetto di Masdar, letteralmente sorgente. Il progetto, fortemente voluto dal sultanato, consiste nella realizzazione di un intera città eco-compatibile. Masdar City, disegnata dallo studio di architettura londinese Foster and Partners, sarà una vera città, in grado di ospitare 50.000 abitanti e realizzata nel cuore di Abu Dhabi.

Non solo petrolio e raffinerie dunque: anche gli Emirati, simbolo della dipendenza da fonti di energie fossili, stanno investendo in nuove direzioni, direzioni decisamente più green.
Il progetto prevede, infatti, diversi impianti fotovoltaici, solari ed eolici, oltre ad una struttura di desalinazzazione alimentata dal sole. Vista la location di Masdar infatti, è stato giustamente progettato lo sfruttamento della fonte di energia più diffusa, il sole, che non sarà però la sola.
La città, che stando ai progetti sarà abitabile già nel 2009, sfrutterà anche le risorse idriche di scarto e i rifiuti generati dalla capitale.
Il 99% dei rifiuti sarà riciclato o finirà in compostaggio e termovalorizzatori, mentre per il trasporto sarà favorito quello pubblico, car sharing e mezzi a bassa emissione.

Molto intelligente anche la dinamica di costruzione: si partirà da una centrale fotovoltaica di 40 megawatt che fornirà energia per la successiva costruzione di case, aziende (specializzate in energie rinnovabili e simili of course!) ma anche università e centri di ricerca. Il Masdar Institute of Science and Technology godrà di appoggi prestigiosi: l’MIT ha firmato un accordo per realizzare e commercializzare i progetti del MIST che saranno tutti incentrati, manco a dirlo, su energie alternative e dintorni.

La costruzione di un progetto grandioso come quello di Masdar, bisogna ammetterlo, è stata resa possibile grazie ad grande disponibilità di fondi neanche lontanamente immaginabili nella realtà italiana. Tuttavia, questo esempio può fornire degli spunti interessanti anche per il nostro contesto. Per arrivare ad esempi come questi non serve necessariamente investire il 50% del PIL nazionale: basta iniziare ad investire per un green building.

Per approfondire



Eco Chic

12 01 2008

Vivere sostenibile non significa necessariamente una vita di rinunce e privazioni. Non solo abbassare la temperatura del termostato di casa e rinunciare a comprarsi vestiti nuova moda per non innescare il meccanismo del consumismo sfrenato. Dal mondo dell’architettura arrivano invece nuove proposte per coniugare lusso, design e sostenibilità.
Mi riferisco agli ZEB, sigla misteriosa che sta per Zero Energy Building o edifici passivi, secondo la dicitura più diffusa.
Questi edifici sono costruiti per minimizzare i consumi energetici, grazie all’utilizzo di piccoli accorgimenti pratici o di nuove sofisticate tecnologie che permettono isolamento termico, recupero del calore, mantenimento della qualità dell’aria e quant’altro. Ovviamente il tutto con foggia assolutamente design-oriented, realizzando una mescolanza perfetta tra sostenibilità ambientale e arte.
I costi rendono queste case ancora troppo di lusso per un mercato di massa, ma i suoi fautori promettono dei rientri abbastanza veloci dell’investimento grazie ai risparmi in energia.

Nonostante l’enfasi sul problema della sostenibilità ambientale sia abbastanza recente, i primi ZEB risalgono già agli inizi degli anni ’90, nella cara vecchia Germania, ovviamente, mentre nell’America dei SUV il primo ZEB è sbarcato solo nel 2003… E in Italia?

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Valentina



Eco-sì, eco-no

4 01 2008

Nei giornali degli ultimi giorni dell’anno ho letto più di qualche articolo, buonista o meno, su ambiente e ambientalismo che pongono l’attenzione su che cosa sia eco e cosa no.
Dato il periodo di bagordi e lotterie, inizierei con una riflessione sul numero 32, valore che quantifica la differenza tra lo stile di vita del mondo sviluppato e quello in via di sviluppo. Il premio Pulitzer Jared Diamond focalizza l’attenzione sul fatto che il disastro ambientale in cui incorriamo non dipende tanto dall’aumento della popolazione in se, quanto dal consumo pro-capite. Contando che le popolazioni del terzo mondo mirano ad ottenere uno stile di vita occidentale, i tassi di consumo, e quindi di inquinamento, rischiano un aumento fuori controllo.
Posta l’importanza della riduzione o comunque del cambiamento dei consumi, per prevenire pericolosi cambiamenti climatici o problemi di salute legati all’inquinamento, è utile capire cosa sia veramente eco e cosa no. Un libro americano di recente pubblicazione dà alcuni consigli in materia. Rischiando derive pericolosamente ambientaliste, può rappresentare comunque un interessante vademecum per smascherare stili di vita e prodotti solo in apparenza bio o eco. L’idea di fondo è che, nel calcolo del costo ambientale di un prodotto, debba essere considerato tutto il “ciclo di vita” del prodotto stesso, analizzando anche quanta energia sia necessaria per produrlo o quanto inquinamento si sia prodotto per trasportarlo.
Uno stile di vita veramente ecologico è dunque possibile? Il diario di bordo di Paolo Rumiz per Repubblica ci dimostra come (almeno per una settimana) uno stile di vita che riduca all’osso la CO2 è possibile. A patto di ridurre sprechi e consumi, mantenendosi saldi nei propri principi contro un modello prevalente che poco favorisce un modus vitae a basso impatto ambientale (mezzi pubblici docent).

Valentina