Quanto peso?

1 07 2009

Domanda legittima in tempi d’estate e vacanze al mare. Ma non è la ricerca del peso forma di cui vi voglio parlare oggi. O meglio, non delle tecniche per riuscire a strizzarsi di nuovo nei vestitini dell’anno scorso. Piuttosto di una simpatica iniziativa che calcola le emissioni di anidride carbonica.

La potenza di internet: cosa non si può trovare girando un po’ per le pagine del web. Mi riferisco all’iniziativa realizzata dalla regione Toscana insieme ad altri enti e associazioni che combattono i cambiamenti climatici per sensibilizzare i consumatori del futuro a comportamenti più ambientalmente sostenibili. DimagrisCO2 è un iniziativa e un concorso per stimolare e valorizzare scelte di consumo più consapevoli e a minor impatto ambientale tra studenti delle scuole della Toscana.

E se ti dicessi che pesi ben 8.000 kg? La domanda iniziale della campagna colpisce subito al cuore l’adolescente in crisi di fiducia in se stesso. E stimola il concorso, che consiste nella realizzazione di appositi comportamenti dietetici, dalla sostituzione delle lampadine a incandescenza al riciclo, con tanto di schedina dove annotare i risultati ottenuti nel mese. Il risultato dovrebbe essere la riduzione deli 8.000 kg procapite di emissioni di Co2 emesse all’anno (pari sembra, al peso di due elefanti di media grandezza)  ma soprattutto la sensibilizzazione del singoli consumatore sull’importanza del suo ruolo nella battaglia contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici.

La proposta lanciata da questa iniziativa è un po’ vecchiotta (i vincitori hanno già goduto delle gite organizzate in Toscana come premi per le classi che dimagrivano di più) ma non è certo la sola che punta alla riduzione delle emissioni di Co2 grazie al ruolo attivo del consumatore.

Come ad esempio l’iniziativa “Quanto pesa?” realizzata da Valcucine in collaborazione con Zona Tortona ed il politecnico di Milano. Con una serie di messaggi, volantini e cartellonistica vengono comunicati l’impatto in termini di emissioni di anidride carbonica di semplici azioni quotidiane (notevoli il calcolo del peso del raffreddore e dell’aspettare il verde…). O il percorso di AzzeroCO2 che ha creato un interessante modello di business nel supportare cittadini, imprese e enti pubblici nel contrastare attivamente i cambiamenti climatici. Tramite il loro sito è possibile calcolare le emissioni di azioni quotidiane per poi, spaventati dagli alti valori di inquinanti emessi, individuare interventi diretti finalizzati a ridurre i consumi di energia e emissioni e neutralizzare le emissioni residue attraverso interventi indiretti.

Su internet le più varie iniziative impazzano: il punto interessante è analizzare il ruolo che internet può avere nella diffusione di comportamenti d’acquisto e di consumo più responsabili e rispettosi delll’ambiente. Il problema che da più parti viene sottolineato è l’ignoranza del consumatore sull’impatto delle proprie azioni e sulle alternative disponibili. Che internet possa avere un ruolo positivo in questo senso? In effetti, da sempre si è caratterizzato per rendere possibile la più ampia diffusione di conoscenze e informazioni e rendere possibile iniziative e progetti altrimenti impossibili (serve riferirsi all’open source?)

Nelle prossime puntate più riflessioni dall’esempio della piattaforma americana Carbonrally.

Valentina



Un giorno a Ecomondo

11 11 2008

Venerdì, dopo un viaggio lungo e avventuroso, ho visitato Ecomondo, fiera internazionale del recupero della materia ed energia e dello sviluppo sostenibile, arrivata quest’anno alla dodicesima edizione. Ecomondo rappresenta il principale punto di incontro per operatori del settore dei rifiuti, delle energie rinnovabili, del riciclaggio e più in generale dei servizi per risolvere i complessi e specifici problemi ambientali.

Al di là delle immancabili novità tecnologiche, il primo dato che mi sono portata a casa sono stati i numeri dell’evento: a sentire gli organizzatori, il numero di espositori è addirittura raddoppiato dall’anno scorso e dalla coda alle casse, posso testimoniare che anche il numero di visitatori (non solo italiani) ha viaggiato su delle belle cifre (quasi 65.000 secondo i responsabili). Numerosi sono stati anche i convegni e i seminari, che hanno coinvolto il mondo accademico  quello industriale. Mi sembra questo possa essere già un indicatore interessante dello stato di salute del settore green (in questa fiera limitato alle aziende manifatturiere o di servizi specializzate prettamente nella getione di rifiuti, emissioni, energia,…) a conferma che è un settore che non solo “tiene”, risultato già ottimo in tempi di crisi finanziaria e recessione, ma che anche cresce, sia in termini di fatturato che di addetti.

Altro dato interessante, agli occhi di un ricercatore curioso, è il numero di nuovi settori e tipologie di aziende che sono nati, in risposta alle problematiche e opportunità legate alla gestione ambientale. Probabilmente moltissime delle aziende che esponevano, fanno parte di comparti industriali che fino ad una decina di anni fa nemmeno esistevano. Prediamo ad esempio il settore della gestione dei rifiuti. Ci sono moltissime e diverse aziende nella catena del valore del rifiuto, che comprende fasi di raccolta, differenziazione, estrazione e divisione dei singoli materiali, trasporto, vendita, fino al riutilizzo e riciclaggio del materiale stesso. Tutte fasi di produzione che spesso fanno capo ad aziende distinte che negli ultimi anni hanno saputo sviluppare le nuove competenze necessarie, trasformando un problema in un’occasione di business.

Una delle cose che mi aveva incuriosito di più all’ingresso della fiera sono stati l’isola degli acquisti e il supermarket ecologico, un ala della fiera allestita a supermercato, con tanti di scaffali, con esposti un gran numero di prodotti di largo consumo e non ecologici. Al di là dell’opportunità o meno di incollare questa etichetti ad alcuni dei prodotti esposti, questo eco-store è stato un interessante conferma del fatto che il “comparto ambientale” non riguarda solo tecnologie e prodotti specifici, ma abbraccia anche settori completamente lontani, da prodotti di largo consumo a settori più tradizionali come l’abbigliamento e l’arredamento. Adesso come adesso ci sono prodotti ecologici -per le materie prime che utilizzano, piuttosto che per il packaging, per la possibilità di ri-utilizzo o per la bio-degradabilità- per tutti i gusti. Dentifrici che sembrano scatole di majonese, penne usb in mater-bi, piatti e bicchieri di plastica biodegradabili, quaderni in carta riciclata. Ma anche distributori automatici di detersivo, alberghi eco-sostenibili e “arbre-magique” 100% naturali. La gamma di prodotti che rispettano l’ambiente e davvero ampia e, più interessante, in continuo aumento, segno che questo comparto è uno dei pochi a non patire la crisi, e non solo in settori alto di gamma.

Il sistema industriale italiano sembra avere tutte le carte in regola per primeggiare in questo comparto, facendo leva sulle sue notorie competenze manifatturiere, sulla capacità di innovare e la capacità di comprendere i mercati finali. Ad Ecomondo hanno esposto molte aziende italiane che hanno scommesso in questa direzione, vedremo se il mercato premierà la loro strategia.

Valentina



Se un giorno, a Venezia, la mobilità sostenibile…

27 09 2008

Sono venuta a sapere per caso surfando in internet quello che sta per accadere nella mia città di adozione, Venezia. Le magie dell’informatica.

A quanto pare, sono rimasta finora all’oscuro della rivoluzione del momento, che stravolgerà la locomozione in città e in tutte le municipalità che compongono il comune dell’acqua alta e del campanile di San Marco. Il progetto in questione si chiama Ticket Mobilità ed è stato realizzato dall’assessorato alla mobilità del trafficatissimo comune insieme ad alcune aziende di servizi. L’idea di base è semplice quanto ambiziosa: utilizzando i Ticket, che avranno un valore da 1 a 258 euro, i dipendenti delle aziende aderenti  potranno acquistare, presso gli esercizi convenzionati, auto bifuel e biciclette, biglietti per il trasporto pubblico collettivo o individuale o servizi quali il Car Sharing. Insomma, uno stratagemma per stimolare cittadinanza e imprenditori verso l’adozione di misure di mobilità sostenibile che possano aumentare l’efficienza del trasporto e ridurre le emissioni inquinanti sul territorio.

Una risposta, tutta veneziana, ad un problema che caratterizza moltissime delle città moderne: l’inquinamento e della congestione da traffico, alla quale altre grandi città stanno cercando una soluzione. La Spagna di Zapatero ha già destinato dei fondi per raggiungere nel 2014 l’obbiettivo di un milione di auto elettriche in circolazione, mentre Berlino risponde con E-mobility Berlin che prevede dei punti di ricarica veloce per auto elettriche e ibride, e la diffusione di auto a batteria di nuova generazione. Riuscirà Ticket Mobilità a centrare l’ambizioso obbiettivo di creare un sistema di mobilità sostenibile, proponendosi da esempio per altre amministrazioni locali italiane?

Valentina



Aziende e ambiente secondo il rapporto ISTAT

13 06 2008

Per la prima volta nella storia del rapporto annuale ISTAT, il capitolo che analizza le imprese prende in considerazione alcuni aspetti ambientali delle attività produttive, dedicando un approfondimento focalizzato sull’evoluzione quantitativa e qualitativa della spesa delle imprese per i servizi ambientali. Il rapporto parte da una prima distinzione di base tra le aziende il cui business è proprio la produzione e la vendita di servizi ambientali e le aziende che, invece, auto-producono servizi ambientali nel senso che svolgono attività per ridurre emissioni e inquinamento generate dalle proprie attività produttive specifiche. Un punto di vista interessante che guarda sia allo sviluppo di un nuovo settore, che all’evoluzione verso atteggiamenti più sostenibili di aziende fino a qualche anno fa totalmente straniere a queste materie e che rappresentano il tessuto produttivo italiano, dal tipico Made in Italy a, e soprattutto, l’industria pesante.

Per quanto riguarda il primo gruppo, cresce soprattutto il comparto della gestione dei rifiuti (che rappresenta il 0,33% del PIL, con un aumento del 32,7% del valore aggiunto in termini di PIL dal 1997 al 2006). Ancora più interessante è notare come, a differenza di quanto accadeva 10 anni fa, più dell’80% di questi soggetti sono aziende private, non utilities legate alle pubbliche amministrazioni. Insomma, scommettere nell’ambientale paga, e sempre più aziende si stanno ricavando uno spazio in questo settore.

Ma non per tutti i servizi ambientali specializzati sono rose e fiori. Il comparto delle imprese fornitrici di servizi idrici ha subito, dal 1997, una flessione del 4,5% di valore aggiunto in termini di PIL. Perchè questa controtendenza?
Perchè sempre di più le aziende italiane, le concerie di Arzignano o i produttori di piastrelle di Sassuolo hanno cominciato ad internalizzare i servizi ambientali, spendendo sempre di più in attività per la protezione dell’aria e del clima.

Chi sono dunque le aziende che si occupano di eco-sostenibilità in Italia? Secondo il quadro che ci fornisce ISTAT, il panorama italiano è più variegato di quello che ci si potrebbe aspettare: i servizi per la protezione dell’ambiente non sono più puro appannaggio di specialisti, pubblici o privati. Sempre di più, chi investe nella tutela dell’ambiente sono le aziende che compongono il tessuto produttivo tipico italiano, che sviluppano competenze interne per ridurre l’impronta ecologica della loro produzione.