Si cambia luce

8 09 2009

Dopo tante discussioni e progetti il giorno è arrivato. Dal primo di settembre comincia il cambio generazionale delle lampadine, che vedrà sostituite tutte le lampadine ad incandescenza con le nuove ad alta efficienza energetica.

Il cambiamento, dovuto a un regolamento europeo, prevede una sostituzione graduale, da ultimarsi entro il 2012. La decisione non è un fulmine a ciel sereno: la discussione del progetto di legge è iniziate nel parlamento europeo molti anni fa, spinta dalle considerazioni sull’incidenza dei consumi elettrici sul totale delle emissioni e sullo spreco energetico. Che le lampadine a incandescenza fossero dei mostri ecologici, poco efficienti e pure inquinanti (trasformano solo il 5% dell’energia in entrata in luce) era risaputo da tempo. Eppure il minor costo rispetto alle rivali green come le lampadine fluorescenti, alogene o LED, e le diverse prestazioni le hanno finora date per favorite nel mercato finale. Anche se, assicurano in europa, il passaggio a queste lampade può permettere il risparmio di 50 euro in bolletta ad ogni famiglia. Colpa della poca lungimiranza e di una scarsa disponibilità dei nuovi prodotti, nelle vetrine mediatiche per le loro migliori performance ma più difficili da trovare nel ferramenta di quartiere o negli scaffali dei grandi magazzini.

Per porre fine a questo circolo vizioso in cui le aziende producevano prodotti di conclamata inefficienza per soddisfare le esigenze di consumatori pigri al cambiamento e attenti ai costi di breve, ci è voluto l’intervento del terzo soggetto del mercato, lo Stato. La commissione europea si è presa infatti carico di risolvere questa inefficienza e ha scelto questo settore quasi a mascotte per raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica e riduzione delle emissioni del pacchetto 20-20-20. Il policy maker si è quindi preso la briga di selezionare le tecnologie efficienti, o meglio, quelle più inefficienti, sostituendosi al libero mercato ingabbiato in un circolo vizioso che non avrebbe, da solo, raggiunto gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Con il risultato che, a livello europeo il risparmio in elettricità che si dovrebbe raggiungere sarebbe pari a 10 miliardi di euro con una riduzione di CO di 38 milioni di tonnellate, pari alla produzione di 52 centrali elettriche o a 156 milioni di barili di petrolio in un anno.

E la sostenibilità economica? L’imposto cambiamento di tecnologia non è stato certo indolore per le aziende del settore. Inutile nascondersi che molte aziende hanno sofferto nel sostenere i costi di una riconversione della propria offerta produttiva (che comunque, vedranno bene di spartire con il mercato finale). Ma per alcune questo cambiamento è diventato fonte di un vantaggio competitivo. Come Philips, che grazie alla virata vero una produzione di eco-lampadine è ora leader indiscussa del mercato. Fiutando l’ineluttabilità del cambiamento, si è lanciata, prima dell’effettiva entrata in vigore della legge, nelle nuove tecnologie, riconfigurando il suo brand, ponendo attenzione a ogni aspetto di inquinamento e consumo dei suoi prodotti e processi produttivi, e comunicando in grande stile il tutto ai consumatori. Cominciando con largo anticipo il cambiamento, si è risollevata e guadagnata, ora, il ruolo di leader nel mercato, e non solo europeo. Vantaggio da first mover, direbbero gli economisti, strategia di medio-lungo termine, i più saggi.

L’esempio della lampadina, mascotte delle nuove produzioni sostenibili europee, ci insegna che a volte il mercato, da solo, non ce la fa a tenere insieme i tre assi della sostenibilità, ambientale, energetica e sociale e che in questi casi l’intervento dello stato può essere utile per aumentare il welfare totale, uscendo dai meccanismi inceppati delle inerzie e delle path dependencies tecnologiche. E tuttavia Philips ci conforta, confermando che c’è spazio nei nuovi scenari verdi per aziende che decidono di investire nel design, nei processi, nella comunicazione in sostenibilità. La necessità di migliorare le performance ambientali prodotti e processi produttivi sembra ormai ineludibile: la differenza tra chi vince e chi perde alla fine si giocherà anche sulla capacità di essere pro-attivi rispetto al cambiamento.

Valentina



Se un giorno, a Venezia, la mobilità sostenibile…

27 09 2008

Sono venuta a sapere per caso surfando in internet quello che sta per accadere nella mia città di adozione, Venezia. Le magie dell’informatica.

A quanto pare, sono rimasta finora all’oscuro della rivoluzione del momento, che stravolgerà la locomozione in città e in tutte le municipalità che compongono il comune dell’acqua alta e del campanile di San Marco. Il progetto in questione si chiama Ticket Mobilità ed è stato realizzato dall’assessorato alla mobilità del trafficatissimo comune insieme ad alcune aziende di servizi. L’idea di base è semplice quanto ambiziosa: utilizzando i Ticket, che avranno un valore da 1 a 258 euro, i dipendenti delle aziende aderenti  potranno acquistare, presso gli esercizi convenzionati, auto bifuel e biciclette, biglietti per il trasporto pubblico collettivo o individuale o servizi quali il Car Sharing. Insomma, uno stratagemma per stimolare cittadinanza e imprenditori verso l’adozione di misure di mobilità sostenibile che possano aumentare l’efficienza del trasporto e ridurre le emissioni inquinanti sul territorio.

Una risposta, tutta veneziana, ad un problema che caratterizza moltissime delle città moderne: l’inquinamento e della congestione da traffico, alla quale altre grandi città stanno cercando una soluzione. La Spagna di Zapatero ha già destinato dei fondi per raggiungere nel 2014 l’obbiettivo di un milione di auto elettriche in circolazione, mentre Berlino risponde con E-mobility Berlin che prevede dei punti di ricarica veloce per auto elettriche e ibride, e la diffusione di auto a batteria di nuova generazione. Riuscirà Ticket Mobilità a centrare l’ambizioso obbiettivo di creare un sistema di mobilità sostenibile, proponendosi da esempio per altre amministrazioni locali italiane?

Valentina



Protected: Certificazioni ambientali di prodotto e dintorni

31 01 2008

Nel panorama di certificazioni ambientali di prodotto, oltre alla galassia degli Ecolabels, sono presenti anche le EPD (Environmental Product Declaration) attraverso le quali vengono individuati e valutati gli impatti ambientali di un prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita secondo il metodo del LCA.
Se gli Ecolabel fanno riferimento a standard fissati a livello europeo (come l’Emas per i processi di produzione), gli EPD fanno invece riferimento a standard internazionali (come le Iso per i processi di produzione).
Il link fa riferimento ad una presentazione per un veloce approfondimento dello strumento EPD.
Per i prodotti conciari ad esempio non sono presenti Ecolabel di riferimento, ma va segnalato che il distretto di Arzignano (nello specifico l’Agenzia GIADA – Gestione Integrata Ambientale per il Distretto di Arzignano) ha proposto a fine 2007 un sistema per le aziende conciarie di certificazione ambientale EPD per le pelli bovine finite.
Tematica da “monitorare” nei prossimi mesi!

Barbara

Approfondimento EPD



Certificazioni ambientali e distretti

16 11 2007

Si discuteva anche nella riunione del GdL di ieri come il regolatore possa avere un importante ruolo nella definizione delle innovazioni nel campo della sostenibilità.
In questo ambito, le certificazioni ambientali possono essere sicuramente un interessante mezzo per dare visibilità allo sforzo dell’impresa di produrre in un modo environmental-friendly. In particolare, importanti sono l’EMAS e l’UNI EN ISO 14001.

A questo link potete trovare un interessante paper che descrive queste due certificazioni e presenta i risultati di una ricerca presso tutte le aziende certificate della Provincia di Verona, analizzandone le strategie, i metodi adottati nell’analisi ambientale e le opportunità attese dalle aziende che si certificano.

Questo file invece affronta la stessa tematica dal punto di vista del distretto: il gruppo di ricerca si è posto gli obiettivi di individuare un modello di certificazione ambientale che possa essere adottato da (tutte) le aziende presenti in un distretto.

Valentina