Un tuffo nel porto

31 03 2009

Sebbene sia arrivata la primavera, le temperature danesi sono ancora ben lontane dall’essere da permettere le mezze maniche. E mentre fuori piove il pensiero viaggia verso lidi tropicali e il caldo tepore delle spiagge. Ma oggi ho scoperto che non serve che vada tanto lontano per fare un bagno. La spiaggia più vicina è proprio in centro città. Di più, la spiaggia più vicina è proprio davanti al porto.

Per capire la portata di questa notizia bisogna fare qualche passo indietro nel tempo. Per molto tempo gli scarichi industriali, i saltuari sversamenti di petrolio dal porto e le acque reflue delle fogne hanno inquinato le acque del porto della capitale danese, situato molto molto vicino al centro città, proprio come succede in quasi tutti gli altri porti del mondo. Più di 93 canali riversavano acque di scarico nel porto e delle zone costiere vicine, specialmente in situazioni di alte precipitazioni, che qui, mi sento di poter dire con abbastanza sicurezza ormai, non è certo un evento raro.

Dal 1995 l’amministrazione comunale ha però deciso di risanare la zona, costruendo tra l’altro dei canali e delle cisterne che agiscono a mo’ di riserva, per compensare il sistema fognario “ordinario” quando è sotto pressione. In più, la zona costiera è stata attrezzata con impianti di trattamento delle acque reflue che rimuovono dalle acque di scarto gli eventuali elementi nocivi e inquinanti. Grazie alla realizzazione di questi progetti di rimodernamento e riprogettazione delle fognature cittadine molti dei canali preesistenti sono stati chiusi e il riverso in mare delle acque reflue, assicurano compiaciuti i copenaghensi, avviene ormai solo in caso di nubifragi o cataclismi climatici.

L’acqua è diventata così pulita da essere stata paragonata a quella delle spiaggie più rinomate del sud dello stato. Pulita, ma così pulita, che è stato deciso di costruirci pure una spiaggia. Una spiaggia pubblica, che da quando è entrata in funzione nel 2002 è diventata uno dei luoghi di ritrovo cult della Copenhagen giovane e trendy. Vedere per credere. Una spiaggia artificiale realizzata da architetti di fama che permette ai cittadini  di tuffarsi nelle acque del porto, a due passi dalle strade pedonali del centro. E nel caso, per qualche strana congiuntura astrale le condizioni dell’acqua non fossero buone, niente paura. Un sistema di monitoraggio on-line controlla in tempo reale la qualità dell’acqua e se a sogila di sicurezza è raggiunta il bagno si chiude in un battibaleno.

La temperatura dell’acqua resterà sempre fredda, ma almeno la qualità è di un livello strabiliante, considerando che il porto nel 2008 ha ospitato più di 310 crociere che hanno scaricato in città 560.000 passeggeri.

Chiudo gli occhi e sogno di un giorno in cui potrò fare Porto Marghera – Venezia a nuoto.

Valentina



Non ci sono più le stagioni

30 04 2008

Almeno per quanto riguarda il cibo fresco.
Negli Stati Uniti, FreshDirect ha proclamato che la stagione dei kiwi si è estesa a tutto l’anno, grazie all’ingresso prepotente dei produttori italiani nel settore, che si sostituiscono alla produzione neozelandese nella stagione invernale dell’emisfero australe.
Da sempre il cibo ha viaggiato da una parte all’altra del globo (basta ritornare indietro con la memoria alle importazioni di te attraverso la via della seta o di mais e cioccolato dalle Americhe Colombiane); la novità è semmai l’entità di questo traffico. E, stando a quanto riportato in un recente articolo del NYT, i principali destinatari di questo traffico siamo proprio noi Europei, con un aumento dell’import di cibarie varie del 20% negli ultimi 5 anni. Negli Stati Uniti la crescita è stata ancora più forte, raddoppiando dal 2000 al 2006.

Che c’è di strano in questo esempio di globalizzazione dei mercati? C’è che questo commercio ha dei costi ambientali spaventosi. Il principale problema di questo business è legato ai costi ambientali derivanti dal trasporto di frutta e verdura da una parte all’altra del globo. Si è gia discusso, in questo stesso blog, di quanto forte sia il ruolo dei trasporti nell’inquinamento globale, sia in Italia che all’estero.
La diversità nei costi del lavoro tra diverse nazioni genera dei flussi logistici bizzarri. Il merluzzo norvegese che arriva sulle nostre tavole è in realtà stato filettato in Cina, per essere poi riportato in Norvegia per la vendita. La Gran Bretagna importa ed esporta 15.000 tonnellate di waffles all’anno e scambia 20 tonnellate di bottiglie di acqua con l’Australia. Inoltre, importa oltre il 95% della frutta e più della metà della verdura che viene venduta nei banchi dei supermercati britannici.

Oltre a dei ridotti costi del lavoro, altro fattore che ha stimolato la globalizzazione del cibo è una contestuale drastica riduzione dei costi di trasporto. Il fatto è che, tra questi costi, non vengono considerati i costi ambientali di questo trasporto, che rimangono un’esternalità negativa, non contabilizzata dalle aziende trasportatrici ma subita dall’ambiente.
Ma il problema, legato al trasporto del cibo fresco non si esaurisce nella contabilizzazione dei costi ambientali legati alle emissioni del trasporto. Molte delle catena di supermercati incriminate, infatti, si difendono sottolineando, per certi versi a ragione, come in alcuni casi l’importazione implichi minori emissioni in atmosfera, evitando infatti in questo modo l’utilizzo energetico legato alla coltivazione in serre o alla refrigerazione.

La gravità della situazione ha spinto l’Unione Europea a proporre di incorporare i costi ambientali nel prezzo finale dei prodotti. La Svizzera ha già imposto delle tasse sui camion che attraversano i propri confini.
Il fatto è che il consumatore europeo, svizzero o americano è stato abituato a trovare qualsiasi tipo di frutta e verdura fresca ogni volta che lo voglia a prezzi relativamente convenienti. Alcune delle maggiori catene di supermercati, come il leader britannico Tesco propongono un sistema di etichettatura che permetta al consumatore di conoscere l’impronta ecologica di ogni prodotto.
Ma sarà davvero lo scaricare l’onere della scelta al consumatore finale la soluzione ad un problema ecologico di tale portata?

Valentina



MPS per le PMI

25 02 2008

Un plafond di 500 milioni euro per favorire l’innovazione e la competitività delle piccole e medie imprese ed incrementare l’utilizzo delle energie alternative. E’ il risultato dell’accordo siglato dal Gruppo Mps e da Confindustria che consolidano così il loro rapporto di collaborazione, già concretizzato nel 2005 da un’analoga iniziativa che portò allo stanziamento di 1500 milioni di euro.
Il Gruppo Mps e Confindustria, informa una nota, condividono la necessità di fornire alle imprese italiane strumenti finanziari in grado di soddisfare esigenze di investimento per innovazione tecnologica, sviluppo commerciale e strutturale e sfruttamento delle energie alternative, a condizioni particolarmente vantaggiose per le aziende.

L’accordo è attivo fino al 31/12/2008, coinvolgerà le tre banche del Gruppo Mps (Banca Monte dei Paschi di Siena, Banca Agricola Mantovana, Banca Toscana) e potrà essere integrato con ulteriori strumenti finanziari individuati da un apposito tavolo di concertazione, delegato anche al monitoraggio delle attività commerciali condivise sul territorio.

Il plafond sarà orientato a finanziare le imprese attraverso due strumenti denominati “Innovazione e sviluppo” ed “Welcome Energy”. Soddisfazione per l’accordo è stata espressa da Francesco Bellotti, Presidente del Comitato tecnico per il credito riservato alle piccole e medie imprese di Confindustria.

Scila



Metas, il primo metadistretto italiano dell’ambiente

13 02 2008

Magari ne siete già tutti al corrente , ma se a qualcuno fosse sfuggito faccio un resoconto veloce:

Nel mese di gennaio si è costituito, primo in Italia, il Meta-distretto Veneto dell’Ambiente per lo Sviluppo Sostenibile. Il “Metas“, nome del metadistretto, ha l’obiettivo di promuovere reti e sinergie, progetti di ricerca e sviluppo tra aziende, enti e istituzioni che operano, a vario titolo, nel settore ambientale e nel campo della sostenibilità. A promuovere l’iniziativa sono il Parco Scientifico e Tecnologico VEGA di Venezia e il Centro Interdipartimentale per l’analisi delle Interazioni Dinamiche tra Economia, Ambiente e Società (I.D.E.A.S.) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia

METADISTRETTO VENETO DELL’AMBIENTE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Nel territorio veneto è presente una diffusa e capillare rete di aziende e di centri di eccellenza che operano su tematiche ambientali.
La progettualità strategica del Metadistretto si esprime nell’elaborazione di uno specifico Patto di Sviluppo al quale devono aderire almeno 250 imprese per un numero totale di addetti pari a 5000.
Tra i vantaggi dell’adesione di imprese ed enti/associazioni al Metadistretto Veneto dell’Ambiente per lo Sviluppo Sostenibile, i più significativi riguardano il fatto che questa:
- permette di implementare progetti di ricerca e sviluppo e strategie sostenibili per le imprese e il territorio;
- fornisce la possibilità di accedere a finanziamenti pubblici (fino al 40% a fondo perduto)
- non comporta impegni economici di alcun tipo;
- non ha alcun vincolo giuridico;
- non obbliga al sostegno dei progetti se non per libera scelta;
- permette di essere informati sulle attività e sulle opportunità;
- permette di beneficiare della forza di una realtà riconosciuta a livello regionale.

DI CHE COSA SI OCCUPERÀ METAS?
Alcuni temi sviluppabili nel Patto di Sviluppo del Metadistretto Veneto dell’Ambiente per lo Sviluppo Sostenibile per il triennio 2008-2010 possono essere così elencati:
1. Attività industriali sostenibili;
2. Attività primarie sostenibili (allevamento, agricoltura, selvicoltura ecc.);
3. Turismo eco-sostenibile;
4. Gestione sostenibile delle aree urbane;
5. Tutela e gestione delle aree protette e della biodiversità;
6. Educazione ambientale;
7. Formazione continua a favore degli Enti e del sistema delle imprese;
8. Ricerca e comunicazione ambientale;
9. Territorio (pianificazione ambientale, territoriale e paesistica, VIA, VAS, VINCA, DSS, GSS, GIS, sistemi di certificazione ambientali ecc.);
10. Aria (impianti, disinquinamento, monitoraggio, nuove tecnologie, nanotecnologie ecc.);
11. Acqua (impianti, disinquinamento, monitoraggio, gestione, nuove tecnologie, nanotecnologie ecc.);
12. Suolo (bonifiche, tutela del suolo ecc.);
13. Rifiuti (pianificazione, gestione, impianti, stoccaggio ecc.);
14. Energia (tecnologie innovative ed energie rinnovabili ecc.).

QUALI PROGETTI PER METAS?
La concreta realizzazione del Patto di Sviluppo si basa su progetti di attuazione che sono regolati da specifici bandi di assegnazione delle risorse. I progetti ammissibili ai bandi possono rientrare in tipologie del tipo:
- Progetti di innovazione e ricerca rivolti allo sviluppo di prodotto o processo;
- Progetti di sviluppo tecnologico per la realizzazione di prototipi;
- Trasferimento tecnologico per applicazioni produttive;
- Organizzazione/partecipazione a manifestazioni fieristiche in Italia (così come all’estero) di valenza internazionale;
- Allestimento di strutture espositivo-promozionali (showroom) all’estero;
- Realizzazione di opere strutturali direttamente funzionali al sistema produttivo o al miglioramento e risanamento ambientale del territorio e delle aree produttive incluse nel sistema produttivo locale, con esclusione di realizzazioni di sedi metadistrettuali;
- Servizi logistici tra più imprese di sostegno al sistema metadistrettuale.

Scila



Eco-sì, eco-no

4 01 2008

Nei giornali degli ultimi giorni dell’anno ho letto più di qualche articolo, buonista o meno, su ambiente e ambientalismo che pongono l’attenzione su che cosa sia eco e cosa no.
Dato il periodo di bagordi e lotterie, inizierei con una riflessione sul numero 32, valore che quantifica la differenza tra lo stile di vita del mondo sviluppato e quello in via di sviluppo. Il premio Pulitzer Jared Diamond focalizza l’attenzione sul fatto che il disastro ambientale in cui incorriamo non dipende tanto dall’aumento della popolazione in se, quanto dal consumo pro-capite. Contando che le popolazioni del terzo mondo mirano ad ottenere uno stile di vita occidentale, i tassi di consumo, e quindi di inquinamento, rischiano un aumento fuori controllo.
Posta l’importanza della riduzione o comunque del cambiamento dei consumi, per prevenire pericolosi cambiamenti climatici o problemi di salute legati all’inquinamento, è utile capire cosa sia veramente eco e cosa no. Un libro americano di recente pubblicazione dà alcuni consigli in materia. Rischiando derive pericolosamente ambientaliste, può rappresentare comunque un interessante vademecum per smascherare stili di vita e prodotti solo in apparenza bio o eco. L’idea di fondo è che, nel calcolo del costo ambientale di un prodotto, debba essere considerato tutto il “ciclo di vita” del prodotto stesso, analizzando anche quanta energia sia necessaria per produrlo o quanto inquinamento si sia prodotto per trasportarlo.
Uno stile di vita veramente ecologico è dunque possibile? Il diario di bordo di Paolo Rumiz per Repubblica ci dimostra come (almeno per una settimana) uno stile di vita che riduca all’osso la CO2 è possibile. A patto di ridurre sprechi e consumi, mantenendosi saldi nei propri principi contro un modello prevalente che poco favorisce un modus vitae a basso impatto ambientale (mezzi pubblici docent).

Valentina



Protected: Nuove entrate in papers&docs

12 12 2007

Nella pagina Papers&Docs sono stati inseriti due nuovi documenti:

-il libro “Capitalismo Industriale“, completo, in lingua originale, per chi non avesse la possibilità di usufruire della copia in lingua italiana

-la tesi di Eva Bertoncello, studente di economia laureata da poco a Ca’ Foscari, incentrata sulla cogenerazione, tecnologia per la produzione contemporanea di calore e elettricità. La tesi, che l’autrice ci chiede di mantenere riservata visto che contiene dati sensibili relativi all’azienda caso di studio, in cui lei stessa lavora da tempo, può essere per tutti un utile introduzione a questa tecnologia. Inoltre vi segnalo la prima parte della tesi, che passa in rassegna il settore dell’energia in Italia e spiega per sommi capi, tra gli altri, in cosa consista il protocollo di Kyoto e cosa siano i certificati verdi e bianchi, su cui il nostro GdL si era interrogato in una recente riunione.
Un appunto tecnico: se voleste “riunire” i vari file, che sono stati suddivisi in parti per poter essere caricati sul blog, potete utilizzare un software scaricabile su www.pdfsam.org

Valentina



Protected: Il gruppo si allarga

29 11 2007

Vi comunico che il nostro gruppo di lavoro da ieri si è allargato. Collaboreranno con noi, a vario titolo, anche quattro tesisti di Stefano: Nicholas Greggio, Elena Pedron, Matteo Sandre e Scila Battistello.

Valentina



Iniziamo…

15 11 2007

A seguito dell’ultima riunione del gruppo di lavoro sul tema delle filiere della sostenibilità, abbiamo deciso di aprire questo blog per scambiarci opinioni, commenti e documenti così che tutti possano essere costantemente aggiornati sul lavoro e i risultati degli altri, in pieno stile economia della conoscenza.

Buon lavoro!