Come rendere sostenibile lo sviluppo?

11 07 2008

Lo scorso 9 luglio si è tenuta a San Servolo, sede di Venice International University, un incontro interno di discussione su un progetto centrato sull’analizzare come sia possibile coniugare lo sviluppo con la sostenibilità, tematiche di cui ci stiamo occupando da tempo in questo blog.

Un primo punto di partenza comune a tutte gli interventi della discussione, arricchita dalla presenza di vari esperti e interessati a queste tematiche da lunga data, è stato il riconoscere una multidimensionalità al concetto di insostenibilità. Il problema della sostenibilità non riguarda solo l’aumentata pressione ambientale e l’intaccamento del capitale naturale. L’attuale modello di produzione è messo in crisi anche da un più generale aumento della complessità, da un problema di equilibrio precario tra appropriazione e stimoli alla produzione sul campo dei commons cognitivi, da un più ampia riflessione critica sul senso del produrre e del consumare.
Il sistema produttivo che ci ha accompagnato fino a questo momento storico è dunque in crisi per un problema più ampio di sostenibilità, di cui quella ambientale, da analizzarsi a livello macro ma anche meso (sistemi di produzione locali e comunità) e micro (le singole aziende motori del cambiamento), è solo una delle sue varie dimensioni.

In questo quadro un ruolo centrale per attuare una trasformazione deve essere ricoperto dalla regolazione. Ma non una regolazione accentrata di stampo Fordista, che bacchetti con tasse e costi all’inquinare i produttori cattivi. La regolazione necessaria per uscire dal circolo vizioso dell’insostenibilità è invece tutta da ricostruire, basandosi su una collaborazione attiva tra molti più soggetti, dall’autorità pubblica agli imprenditori, dalle comunità (anche produttive) locali ai consumatori. Una regolazione che usi incentivi e sussidi tenendo conto dell’incoerenza temporale tra l’accorciato orizzonte temporale con cui si devono confrontare le aziende per competere nella global economy e più lunghi tempi e corrispettivi alti rischi impliciti in processi innovativi di tale portata.
L’obiettivo di questo sforzo comune e sincrono non deve essere più soltanto quello di focalizzarsi sulle esternalità negative ma quello di stimolare la migliore innovazione, che dia il via a meccanismi virtuosi che disinneschino la bomba ad orologeria dell’insostenibilità e promuovano un modello produttivo di successo.

In questo quadro, ilmodello produttivo italiano ha molto da dire e da giocarsi. Riconosciuto a livello internazionale da tempo come interprete di un modello di sviluppo industriale alternativo a quello tradizionale fordista grazie alla forza propulsiva delle sue comunità e filiere produttive, si prospetta come un naturale candidato per risolvere l’apparente dicotomia tra sostenibilità e produzione industriale. Le aziende distrettuali italiane hanno tutte le carte in regola per promuovere un rinnovamento strutturale, sviluppando un’innovazione capace di interpretare il futuro, coniugando le capacità produttive industriali con una produzione di senso, che sempre più ricerca il consumatore attento alle tematiche ambientali ma non solo.

In questo blog abbiamo già decantato esempi di aziende italiane che si sono mosse in questa direzione. Ora resta da gestire il passaggio di scala dalle singola aziende d’avanguardia, alla creazione di un sistema produttivo sostenibile che si basi sulla collaborazione sincrona tra il sistema della produzione, della regolazione e del consumo.

Valentina